Non è insolito, come Agenzia, imbatterci in Clienti che ci pongano tale quesito, talvolta inconsapevolmente. Quello che è indubbio è che solo attraverso l’analisi attenta dei bisogni di una famiglia, si possa incanalare la consapevolezza di quale sia la figura più adatta, mostrando come non solo sia possibile avvalersi dell’una o dell’altra, ma soprattutto mettendo in luce di entrambi i ruoli gli aspetti peculiari e le finalità. Solitamente, in base al bisogno descritto, è molto facile trovare la risposta a questo dubbio, altre volte è più complesso, poiché i bisogni restano dormienti ed emergono quando vengono riconosciuti da una figura professionale che entri per la prima volta in quel nucleo familiare.
La formazione
Le due figure professionali hanno ruoli ben distinti, a partire dalla formazione. Come è noto, per ricoprire il ruolo di baby-sitter in Italia non serve alcuna certificazione, per ricoprire il ruolo di educatrice o educatore invece occorre una laurea in Scienze dell’Educazione (Classe L19). Tuttavia è fondamentale che, per affidare i vostri bambini ad una/un baby-sitter, questa debba aver maturato delle conoscenze e competenze specifiche, valutabili nelle settimane di ambientamento e riscontrabili dalle referenze dei datori di lavoro precedenti.
Le competenze dell’educatrice/educatore
La figura dell’educatrice all’interno di una famiglia nasce, come detto sopra, da un bisogno specifico. Essa segue un fil rouge metodologico che inizia con l’analisi della richiesta dei genitori, prosegue con l’osservazione del bambino e di tutto il nucleo familiare. L’obiettivo coincide spesso con lo sviluppo di autonomie familiari, delle potenzialità individuali e di gruppo, con la ristrutturazione delle modalità relazionali della famiglia. È particolarmente utile in tutte quelle famiglie in cui vi sono bambini o adolescenti turbolenti che mettono talvolta a dura prova mamma, papà, zii e nonni.
Le competenze della/del baby-sitter
La baby-sitter è invece colei che ha il compito di sostenere i bisogni partici ed emotivi della famiglia e dei bambini che ha in carico. Fra i suoi principali compiti emergono: il nurturing, ovvero rispondere alle esigenze primarie fisiche ed alimentari dei bambini; il material caregiving, cioè l’organizzazione e strutturazione dell’ambiente dei figli, il didacting caregiving, che consiste nell’incoraggiare i bambini all’apprendimento dell’intelligenza emotiva.
Assume infine il compito di guided play, ovvero strutturare le attività ludiche, centrandole sulle preferenze e attitudini dei bambini stessi, mantenendo in sicurezza l’ambiente domestico e gli ambienti outdoor di gioco del bambino.
Per concludere
Si evince dunque come diverse possano essere le esigenze di una famiglia, a partire dagli obiettivi da raggiungere, fino alla durata di un rapporto di lavoro che è variabile rispetto alle due figure professionali. La baby-sitter si configura come una presenza stabile all’interno di una casa, sia che venga assunta per poche ore alla settimana, sia che abbia un contratto full-time.
L’educatrice, che ha come obiettivo lo sviluppo delle competenze e delle autonomie del bambino/adolescente e della famiglia, condividerà un progetto e un piano di lavoro che sarà limitato nel tempo in base alla risposta della famiglia.
In ogni caso, affidare la crescita e lo sviluppo dei propri figli, anche solo per poche ore a settimana, vuol dire assumersi la responsabilità di una scelta consapevole che è bene valutare con professionisti del settore che vi sappiano guidare in base all’esperienza raggiunta negli anni.
Dott.ssa Alice Rinzivillo- Psicologa, Psicoterapeuta
alicerinz@live.it
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L’educatore professionale. Finalità, metodologia e deontologia. https://www.amazon.it/Leducatore-professionale-Finalit%C3%A0-metodologia-deontologia/dp/8891740195
Ruolo, mansioni e competenze psicologiche delle tate. Piesse (rivistapiesse.altervista.org) 3 (10-1). http://rivistapiesse.it/store/articoli/Cicirelli_tata.pdf